Imposta di successione non dovuta? La prova spetta all’interessato
A seguito della morte di un congiunto, può capitare di ricevere un’atto con cui l’Agenzia delle Entrate pretenda il pagamento dell’imposta di successione, conseguente alla dichiarazione di successione presentata dai parenti del defunto.
Non sempre, però, questa richiesta è legittima.
Infatti, possono essere avvenute vicende successive alla morte che hanno fatto venir meno o, comunque, modificato la pretesa impositiva avanzata dall’Agenzia delle Entrate, come ad esempio la rinuncia all’eredità, la rinuncia al legato oppure l’accertamento della qualità di legatario e non di erede dell’interessato.
A tal proposito, una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 20935/2022) ha chiarito che spetta all’interessato, destinatario della richiesta di pagamento, la prova delle vicende sopra specificate.
L’ordinanza della Cassazione ha inoltre precisato che, in virtù della natura di impugnazione-merito del processo tributario, a fronte della prova del contribuente del fatto idoneo a ridurre la pretesa tributaria, il giudice non può limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento, ma deve rideterminare l’importo del tributo effettivamente dovuto.
In conclusione, è sempre bene analizzare la richiesta dell’amministrazione finanziaria prima di procedere al pagamento della stessa, per evitare di corrispondere somme non dovute oppure dovute per importi minori.
Avv. Francesco Gianfreda