La persona affetta da disturbo bipolare può validamente fare testamento
Commento a Cassazione Civile, ord. 22 gennaio 2019, n. 1682.
Il provvedimento in commento ha origine da un giudizio nel quale veniva richiesto l’annullamento di due diversi testamenti olografi da parte dei discendenti del defunto perché, secondo la loro tesi difensiva, il testatore, al momento della redazione dei testamenti, era in stato di incapacità naturale in quanto affetto da disturbo bipolare da molti anni (si tratta di una patologia psichiatrica caratterizzata da gravi alterazioni dell’umore, con alternarsi di episodi maniacali e depressivi).
I discendenti evidenziavano come la sindrome bipolare rappresentasse una condizione che avrebbe impedito al defunto genitore di attendere ai propri interessi morali e materiali, sfociando in uno stato di incapacità naturale. Tale incapacità diventava, perciò, il presupposto di legge per poter domandare l’annullamento delle schede testamentarie.
A tal proposito, i giudici della Suprema Corte hanno colto l’occasione per ribadire un consolidato orientamento, secondo il quale l’incapacità naturale del testatore postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle sue facoltà psichiche ed intellettive, bensì la prova che, a causa di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione del testamento, della coscienza dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi.
In sostanza, i giudici di legittimità hanno sottolineato la necessità di provare una perdita totale delle facoltà psichiche ed intellettive, un vero e proprio “assoluto stato di incoscienza”, esistente durante la redazione dell’atto di ultima volontà, per poter ottenere l’annullamento del testamento.
Nel caso in esame, la Corte ha riscontrato che il disturbo bipolare, in assenza di una formale pronuncia di interdizione, non aveva comportato una incapacità naturale del testatore, poiché tale condizione non aveva determinato un assoluto stato di incoscienza.
Difatti, nei precedenti giudizi di merito, nonostante fosse stato accertato il disturbo bipolare del testatore, quest’ultimo non era mai stato interdetto e, dunque, non risultava accertata la sussistenza di uno stato di incapacità permanente e/o abituale.
Nello specifico, in nessuna delle relazioni peritali si affermava che la malattia avesse determinato un assoluto stato di incoscienza. Anzi, veniva dichiarato che il disturbo da sindrome bipolare poteva in concreto escludere l’esistenza di stati di alterazione tali da pregiudicare la capacità del testatore.
In conclusione, la domanda di annullamento dei testamenti veniva rigettata anche in Cassazione, sul presupposto che la malattia in questione non avesse, nel caso concreto, fatto venir meno la capacità di testare del defunto.
A tale ultimo proposito giova ricordare che la capacità di testare è la regola generale, mentre l’incapacità è l’eccezione. Pertanto, ai fini dell’onere della prova, spetta a chi impugna il testamento dimostrare la ipotizzata incapacità. Prova che, nel giudizio in oggetto, non è stata raggiunta.
Avv. Francesco Gianfreda