
Risarcimento del danno agli eredi anche in caso di diagnosi non tempestiva
La pronuncia in esame (Cass. Civ. n. 10424/2019) dimostra la crescente attenzione che la giurisprudenza ha nei confronti dell’autodeterminazione della persona durante i momenti finali della propria vita.
L’orientamento espresso dai giudici è in accordo con la recente normativa in materia di disposizioni anticipate di trattamento (l. n. 219/2017) e di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore (l. n. 38/2010), che mirano a garantire scelte consapevoli della persona nelle ultime fasi di vita.
La controversia trae origine dalla domanda di risarcimento dei danni, a titolo di eredi, da parte dei prossimi congiunti di una donna deceduta a causa di un carcinoma che le era stato diagnosticato in ritardo.
Nello specifico, vi era stato un errore diagnostico poiché, a seguito di un primo intervento, veniva comunicato alla donna che l’esame istologico presentava l’esistenza di un fibroma benigno, ormai superato. Successivamente agli incessanti dolori post operatori, la donna si rivolgeva ad un’altra struttura ospedaliera, che le diagnosticava, invece, un tumore maligno, causa del suo rapido decesso.
Ebbene, gli eredi della signora deceduta chiedevano il risarcimento dei danni perché, in primo luogo, ritenevano che una diagnosi corretta e tempestiva avrebbe consentito alla loro cara di sottoporsi a cure più appropriate, che le avrebbero potuto dare concrete possibilità di guarigione; in secondo luogo, anche a voler ritenere non risolutoria una tempestiva diagnosi, la immediata conoscenza della diagnosi di una malattia non curabile avrebbe permesso alla donna di determinarsi con più consapevolezza nel tempo residuo della propria vita.
La Corte di Cassazione, accogliendo la tesi dei ricorrenti, specifica che la tempestiva diagnosi di una malattia incurabile incide sulla qualità della vita del paziente.
Difatti, nel caso concreto, il danno risarcibile non consiste nella perdita di possibilità di guarigione, ma nel privare il paziente della possibilità di organizzare, anche spiritualmente, il proprio tempo restante.
Conseguentemente, il ritardo diagnostico non aveva consentito alla donna di determinarsi consapevolmente nella prospettiva di una fine che si annunciava più o meno imminente, provocando un pregiudizio alla qualità della sua vita, che dovrà essere risarcito in favore degli eredi della defunta da parte della struttura ospedaliera che ha commesso l’errore diagnostico.
Questa pronuncia appare molto interessante ed evidenzia la accentuata sensibilità da parte dei giudici nei confronti di aspetti qualitativi della vita in passato ignorati o, quanto meno, oggetto di poca attenzione.
Avv. Francesco Gianfreda